Fotografia





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La fotografia è l'immagine di un oggetto fissata, mediante proiezione ottica, su di un supporto (analogico o digitale) sensibile alla luce.
La tecnica fotografica può essere utilizzata sia nel campo scientifico che in quello artistico.
Storia
La parola fotografia deriva da due parole greche: foto (phos) e grafia (graphis). Fotografia significa quindi scrittura (grafia) con la luce (fotos). La fotografia nasce dai risultati ottenuti sia nel campo dell'ottica, con lo sviluppo della camera oscura, sia in quello della chimica, con lo studio delle sostanze fotosensibili. La prima camera oscura fu realizzata molto prima che si trovassero dei mezzi chimici per fissare l'immagine ottica in essa prodotta; il primo ad applicarla in ambito fotografico fu il francese Joseph Nicéphore Niépce, considerato l'inventore della fotografia, anche se studi recenti rivelano tentativi precedenti, come quello di Thomas Wedgwood.
Nel 1813 Niépce iniziò a studiare i possibili perfezionamenti alle tecniche litografiche, interessandosi poi anche alla registrazione diretta di immagini sulla lastra litografica, senza l'intervento dell'incisore. In collaborazione con il fratello Claude, Niépce cominciò a studiare la sensibilità alla luce del cloruro d'argento e nel 1816 ottenne la sua prima immagine fotografica (che ritraeva un angolo della sua stanza di lavoro) utilizzando un foglio di carta sensibilizzato, forse, con cloruro d'argento.
L'immagine non poté essere fissata completamente, e Niépce fu indotto a studiare la sensibilità alla luce di altre sostanze, come il bitume di Giudea, che diventa insolubile in olio di lavanda dopo l'esposizione alla luce.





J. N. Niépce: Vista della camera a Le Gras, 1826. Il tempo d'esposizione di 8 ore dà l'impressione che il sole illumini gli edifici sia da destra che da sinistra.
La prima produzione con la nuova sostanza fotosensibile risale al 1822. Si tratta di un'incisione su vetro raffigurante papa Pio VII. La riproduzione andò distrutta poco dopo e la più antica immagine oggi esistente fu ottenuta da Niépce nel 1826, utilizzando una camera oscura il cui obiettivo era una lente biconvessa, dotata di diaframma e di un basilare sistema di messa a fuoco. Niépce chiamò queste immagini eliografie.







Nel 1829 fondò con Louis Daguerre, già noto per il suo diorama, una società per lo sviluppo delle tecniche fotografiche. Nel 1839 il fisico François Arago presentò all'Accademia delle Scienze di Parigi il brevetto di Daguerre, chiamato dagherrotipia; la notizia suscitò l'interesse di William Fox Talbot, che dal 1835 testava un procedimento fotografico, la calotipia, e di John Herschel, che lavorava, invece, su carta trattata con sali d'argento, utilizzando un fissaggio a base di tiosolfato sodico.
Nello stesso periodo, a Parigi, Hippolyte Bayard ideò una tecnica usando un negativo su carta sensibilizzata con ioduro d'argento, dal quale si otteneva poi una copia positiva. Bayard fu però invitato a terminare gli esperimenti per evitare una concorrenza con Daguerre.
Lo sviluppo della dagherrotipia fu favorito anche dalla costruzione di apparecchi speciali dotati di un obiettivo a menisco acromatico ideato nel 1829 da Charles Chevalier.

Tra il 1840 e il 1870 i processi e i materiali fotografici vengono perfezionati:
nel 1841 François Antoine Claudet rinnova la ritrattistica introducendo lastre per dagherrotipia a base di cloruro e ioduro d'argento, che consentono pose di pochi secondi;
nel 1851 Frederick Schott Archer propone il procedimento al collodio che sostituisce la dagherrotipia e la calotipia.
Tra il 1851 e il 1852 vengono introdotte l' ambrotipia e la ferrotipia, per ottenere positivi apparenti incollando un negativo su lastra di vetro a un supporto di carta o panno neri, o di metallo brunito;
nel 1852 viene istituita a Firenze la più antica azienda al mondo nel campo della fotografia: la Fratelli Alinari.
Nel 1857 compare il primo ingranditore a luce solare a opera di J. J. Woodward;
nel 1859 R. Bunsen e H. E. Roscoe realizzano le prime istantanee con lampo al magnesio. Le prime immagini a colori per sintesi additiva si devono a J. C. Maxwell (1861), mentre quelle per sintesi sottrattiva sono state introdotte da Louis Ducos du Hauron (1869). R. L. Maddox porta una novità: le lastre con gelatina animale come legante.
Infine, nel 1873 H. Vogel scopre il principio della sensibilizzazione cromatica e realizza le prime lastre ortocromatiche.




Tecnica
Perfezionamento di tecnologie e materiali
Ma gli sforzi furono anche indirizzati al perfezionamento dei materiali sensibili, dei procedimenti di sviluppo e degli strumenti ottici. Tra le innovazioni più importanti si ricordano: l'introduzione degli apparecchi fotografici portatili (1880); l'introduzione delle pellicole in rullo, realizzate per la prima volta da G. Eastman inizialmente con supporto in carta (1888) e successivamente con supporto in celluloide (1891).
Nel 1890 F. Hurter e V. C. Driffield iniziarono lo studio sistematico della sensibilità alla luce delle emulsioni, dando origine alla sensitometria. Un considerevole miglioramento delle prestazioni degli obiettivi si ebbe nel 1893, quando H. D. Taylor introdusse un obiettivo anastigmatico (tripletto di Cooke) con sole tre lenti non collate; tale obiettivo fu perfezionato da P. Rudolph nel 1902 con l'introduzione di un elemento posteriore collato e venne prodotto l'anno dopo dalla Zeiss, con il nome di tessar.
Altri progressi si ebbero con l'introduzione del sistema reflex (1928) e degli strati antiriflesso sulle superfici esterne delle lenti (che migliorarono enormemente la trasmissione tra aria e vetro e il contrasto degli obiettivi) e con il processo Polaroid in bianco e nero (che permetteva di ottenere in pochi secondi una copia positiva, utilizzando un apparecchio e una pellicola speciali), introdotto nel 1948 da E. H. Land e successivamente esteso al colore.
Negli anni Sessanta con gli esposimetri incorporati nelle macchine fotografiche ebbe inizio l'epoca degli automatismi: l'evoluzione tecnologica in tale campo fu tale che alla fine degli anni Ottanta, con la miniaturizzazione dei circuiti elettronici, la messa a fuoco e l'esposizione diventano completamente automatiche; inoltre micromotori provvedono al caricamento della pellicola, al suo avanzamento dopo ogni scatto, e al riavvolgimento nel caricatore al termine dell'uso.
Negli anni Ottanta entrarono in produzione macchine per la fotografia digitale che al posto della pellicola avevano un CCD (Charge Coupled Device), lo stesso elemento sensibile delle videocamere.
Questo componente era in grado di analizzare l'intensità luminosa e il colore dei vari punti che costituiscono l'immagine e di trasformarli in segnali elettrici che venivano poi registrati su un supporto magnetico (nastro o disco) che poteva contenere alcune decine di immagini. L'immagine registrata poteva essere immediatamente rivista su un monitor, stampata da un'apposita stampante, o spedita, via cavo o via etere, a qualsiasi distanza.
Macchine di questo tipo venivano usate soprattutto dai fotoreporter, perché permettevano l'immediata trasmissione delle foto ai giornali, che non hanno bisogno di immagini ad alta definizione.
L'inconveniente principale della fotografia elettronica era infatti la scarsa definizione delle immagini, in confronto a quella della fotografia tradizionale. Notevole diffusione ha avuto l'elaborazione elettronica delle immagini fotografiche, che, digitalizzate da uno scanner ad alta definizione, possono essere corrette ed elaborate a piacere (eliminazione di dominanti cromatiche, modifica dei colori, cancellazione e aggiunta di parti di immagine, fino a ottenere fotomontaggi quasi perfetti). L'immagine elaborata viene poi stampata su pellicola, con la stessa definizione dell'originale.
Negli ultimi anni lo sviluppo della fotografia digitale ha avuto implicazioni incredibili sia nella fase di ripresa delle immagini che in quella di riproduzione. Da un lato i sofisticati sistemi di esposizione, messa a fuoco, inquadratura e disponibilità immediata delle immagini in fase di ripresa e dall'altro la loro elaborazione sul computer hanno ridimensionato il lavoro di camera oscura per lo sviluppo del negativo e/o della diapositiva e per la loro stampa. Essa richiedeva lunghe ore al buio, pazienza e risorse economiche, al punto che grandi fotografi utilizzavano spesso laboratori professionali per le loro immagini. Oggi il processo è alla portata di tutti grazie alle immagini digitali che possono essere ritoccate, modificate e trasferite con il computer di casa propria, avvalendosi di programmi di editing e/o fotoritocco e modalità di archiviazione di file anziché di voluminosa carta che hanno in gran parte ridotto la domanda di pellicole e di stampa tradizionale delle foto.


La prima fotografia a colori scattata da Maxwell nel 1861.






Arte
La fotografia cominciò ad acquistare autonomia agli inizi del sec. XX, mentre le polemiche sui rapporti con l'arte, in seguito indagati con acutezza da W. Benjamin, erano vivacissime. In merito alla diatriba, sempre attuale, una distinzione si può fare tra la fotografia come strumento e la fotografia come linguaggio. Nel primo caso si sfruttano in quanto tali le possibilità di riproduzione meccanica delle immagini, nel secondo queste stesse possibilità vengono utilizzate a fini documentaristici ed espressivi.
Quindi da un lato si possono annoverare i processi di fotoriproduzione, utilizzati nei settori più diversi, dalla fotomeccanica alla spettroscopia, dall'altro tutte le utilizzazioni della fotografia per una descrizione, a diversi livelli di obiettività, di fenomeni scientifici, di avvenimenti, di realtà sociali o di altri valori umani, figurativi e astratti.
In opposizione ai concetti della foto d'arte, con tutto il corollario dei trucchi di mestiere, operò agli inizi del sec. XX Alfred Stieglitz, capo del gruppo americano Photo-Secession, esaltando le riprese immediate con piccoli apparecchi portatili alla ricerca dell'illusione di realtà, cercando il cubismo nella natura (soggetti disumanizzati, riproduzione del ritmo nella ripetizione di elementi base, sovrapposizioni, ecc.).
Dal canto suo il tedesco A. Renger-Patzsch, in polemica con le tesi della Photo-Secession sostenne, parafrasando Spinoza, che la bellezza del mondo dipendeva dall'immaginazione dell'uomo e quindi anche dalla scelta che l'obiettivo faceva del particolare.
Una terza tesi veniva proposta da A. G. Bragaglia, teorizzata nel volume Fotodinamismo futurista (1911), da fotografi come l'americano A. Coburn, lo svizzero C. Schad, l'ungherese László Moholy-Nagy (del Bauhaus), lo statunitense Man Ray, l'italiano Luigi Veronesi che, proclamando l'importanza essenziale della "ricerca" riaffermavano o giungevano all'astrattismo.
Fu questo il punto di partenza di ogni avventura e sperimentazione fotografica successiva, testimoniate dall'attività di gruppi come Fotoform (1949), dalle foto di movimento di Gjon Mili, dalla scuola della candid photography e da tutti gli sperimentatori fluttuanti dalla ricerca del vero alla sensazione, dal documento alla realizzazione d'arte. In Italia la fotografia d'arte è chiamata anche fotografia di ricerca e raggiunge il suo apice negli anni 70'- 80'. Tra gli autori più significativi di questo genere fotografico vanno ricordati:Luigi Ghirri, Franco Fontana, Augusto De Luca, Paolo Gioli.Un cenno va fatto anche per le fotografie di moda e di pubblicità, che adattano alle specifiche funzioni il patrimonio finora acquisito, trasfondendo nell'immagine, con la suggestione creativa, il potere o la ricerca della persuasione.
Un'evoluzione ulteriore della fotografia è la multivisione, basata sulla proiezione di diapositive in dissolvenza incrociata, spesso con un accompagnamento musicale. Questa tecnica è utilizzata spesso a scopi didattici o pubblicitari, ma la forte componente creativa e poetica del mezzo fotografico ha ispirato la creazione in multivisione di autentiche opere d'arte.












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